LA TRADIZIONE DELLA PRODUZIONE DEL MIELE ITALIANO NELLA VALLE DEL PO
AI PIEDI DEL MONVISO
IL MIELE: ORIGINE, COMPOSIZIONE E PROPRIETÀ
1.1. ORIGINE.
Il miele è il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie e lasciano maturare nei favi dell’alveare.
Questa definizione è tratta dalla “Norma regionale europea raccomandata per il miele “documento emanato dalla Commissione del Codex Alimentarius FAO/OMS nel 1969; è stata poi ripresa dalla direttiva CEE del 22 luglio 1974, dalla legge italiana n.753 del 12 ottobre 1982 e infine dalla più recente “Norma internazionale sul miele“ emanata dalla Commissione del Codex Alimentarius FAO/OMS nel 1989.
La definizione riassume in una sola frase che cos’è il miele e anche che cosa non è: il miele è infatti la sostanza zuccherina elaborata dalle api mellifere e non da altri insetti, a partire dal nettare dei fiori o dalla melata, non da altri prodotti zuccherini, nessuna sostanza può essere aggiunta o sottratta al prodotto delle api, perché possa essere definito miele.
1.1.1. NETTARE.
Il nettare: liquido zuccherino derivato dalla linfa dei vegetali superiori e secreto da particolari organi ghiandolari chiamati nettari. Per lo più i nettari sono situati nel fiore alla base dei petali, tuttavia la loro posizione sulla pianta può essere molto varia, e vengono distinti nettari florali ed extra florali a seconda che siano portati dal fiore o che si trovino su altri parti della pianta .
Alla base dell’origine e della secrezione del nettare agiscono processi molto complessi. Numeroso fattori influiscono sulla secrezione nettarifera: alcuni interni, collegati alla pianta (anatomia, fisiologia, caratteri genetici); altri esterni, suscettibili di favorire o ridurre la secrezione nettarifera, fino a diventare fattori limitanti: temperatura, umidità relativa dell’aria, vento irraggiamento solare, altitudine, latitudine, umidità e natura del suolo (in particolare il contenuto in minerali e l’eventuale uso di fertilizzanti).
La composizione del nettare proveniente da differenti specie botaniche è simile per quanto riguarda i costituenti principali, che sono acqua e zuccheri. Tuttavia il tenore in acqua è molto variabile, in funzione dei fattori interni ed esterni già ricordati, e varia anche la concentrazione totale degli zuccheri, che a seconda della specie vegetale e delle condizioni esterne può essere compresa tra 5 e 80% circa.
I principali zuccheri contenuti nel nettare sono: saccarosio glucosio e fruttosio. Le loro proporzioni relative portano alla definizione di 3 diversi tipi di nettare: con prevalenza di saccarosio, con prevalenza di fruttosio e glucosio, con i tre zuccheri presenti in proporzioni circa uguali.
Il nettare contiene anche piccole quantità di altri zuccheri e di composti chimici diversi, tra cui sostanze aromatiche, sali minerali, acidi organici, aminoacidi, enzimi.
La composizione del nettare, relativamente costante per ogni specie botanica, condiziona direttamente la composizione del miele che ne deriva: è a causa di questo fatto che un miele di robina ha stato fisico, colore, odore, sapore, aroma diversi da un miele di agrumi o da un miele di girasole.
1.1.2. MELATA.
Come il nettare, anche la melata deriva dalla linfa delle piante, ma mentre il nettare è secreto attraverso un processo attivo, la melata è prodotta in seguito all’intervento di insetti parassiti che succhiano la linfa delle piante.
Questi insetti chiamati produttori di melata, sono dotati di un apparato boccale pungente succhiante che consente loro di perforare i tessuti della pianta ospite, assorbendo la linfa che scorre all’interno dei tubi cribrosi.
La linfa è composta principalmente da zuccheri, mentre le sostanze azotate sono in proporzione piuttosto scarse.
Per procurarsi l’azoto necessario ai loro processi metabolici e allo sviluppo del loro organismo, questi insetti sono quindi costretti ad assorbire grandi quantità di linfa, trattenendone le sostanze azotate, mentre il liquido in eccesso contenente prevalentemente zuccheri, attraverso una speciale camera filtrante, passa direttamente al tratto posteriore dell’intestino ed è escreto come melata.
Gli insetti produttori di melata sono numerosissimi e comprendono svariati gruppi appartenenti all’ordine dei Rincoti (cicaline, psille, aleirodidi, afidi, cocciniglie). Le piante interessate alla produzione di melata, nelle nostre aree geografiche, sono principalmente conifere (abete bianco, abete rosso, pino, larice), ma anche piante decidue non nettarifere (quercia, faggio, pioppo) e nettarifere (tiglio, salice, acero, castagno, robina, alberi da frutto). Anche alcune piante erbacee coltivate e spontanee possono ospitare insetti produttori di melata (medica, girasole).
In alcuni casi la specializzazione insetto/pianta è molto stretta, in altri meno. Metcalfa pruinosa (Say), ad esempio, la cicalina diffusasi recentemente in Italia e responsabile della produzione di grandi quantità di melata, è in grado di parassitizzare diverse piante, arboree e erbacee.
La produzione di melata, per intensità e tempi di emissione, è suscettibile di variazioni ancor più del nettare; infatti è influenzata, oltre che dai fattori già ricordati per il nettare, anche dalle possibilità di sviluppo della popolazione dell’insetto produttore sulla pianta ospite specifica.
Anche la melata è composta principalmente da zuccheri, analogamente al nettare, da cui tuttavia si discosta notevolmente, in quanto contiene enzimi secreti dalle ghiandole salivari e dall’intestino dell’insetto che l’ha prodotta e che determinano, ad esempio, la sintesi di zuccheri assenti nella linfa delle piante. Così nella melata è maggiore la percentuale di oligosaccaridi.
Le gocce di melata, cadute sulla superficie delle foglie e dei piccoli rami delle piante parassitizzate, vengono raccolte dalle api, ma anche da altri insetti, come ad es. vespe e formiche.
1.1.3. FORMAZIONE DEL MIELE.
La suzione delle soluzioni zuccherine (nettare e melata) da parte dell’ape bottinatrice avviene tramite la porzione succhiante dell’apparato boccale, organo costituito dai palpi e dalle galee accostati alla ligula estroflessa a formare la cosiddetta proboscide. La soluzione assorbita viene raccolta nella borsa melaria.
L’azione svolta dall’ape per trasformare il nettare o la melata in miele è profonda e complessa. I componenti del miele sono fondamentalmente gli stessi presenti nella materia prima, che però l’ape arricchisce di secrezioni proprie in grado di provocare importanti trasformazioni.
Il processo di formazione ha propriamente inizio quando la bottinatrice, rientrando all’alveare, passa a un’ape di casa la goccia di materia prima raccolta. La stessa goccia viene poi rapidamente passata da un’ape all’altra e questo processo, che si svolge per 15-20 minuti, provoca la riduzione dell’elevato contenuto iniziale di acqua, grazie all’aria relativamente calda e secca all’interno dell’alveare e all’estesa superficie che occupa la ligula allungata dell’ape.
In un secondo momento, quando la goccia viene depositata nelle celle, avviene una seconda fase di evaporazione, senza l’intervento diretto delle api, che porta a ottenere il miele maturo, cioè con un tenore di acqua sufficientemente basso da garantire la stabilità (inferiore a 18%): a questo punto la cella viene sigillata dalle api mediante un opercolo di cera.
Durante i numerosi passaggi da un’ape all’altra, oltre alla riduzione del contenuto in acqua, avviene anche un altro importante fenomeno: infatti vengono via via aggiunte, dalle api che prendono parte al processo, secrezioni ghiandolari dotate di diversa attività enzimatica che determinano una serie di trasformazioni chimiche prevalentemente a carico degli zuccheri.
In questo senso risulta fondamentale l’azione di un’invertasi, capace di scindere la molecola di saccarosio nei due monosaccaridi che la compongono: fruttosio e glucosio.
Complessivamente, quindi, il processo di trasformazione in miele del nettare o della melata, consiste in una riduzione del contenuto di acqua, fino ad un valore compatibile con la conservabilità del miele, in un aumento del tenore in enzimi e in un livellamento dello spettro zuccherino. Infatti le differenze di composizione tra nettari di diversa origine botanica sono più evidenti rispetto ai mieli che ne derivano, soprattutto per quanto riguarda gli zuccheri. Tra questi ultimi a causa appunto dell’azione di livellamento operata dall’intervento dell’ape, si stabilisce via via un equilibrio che porta nella maggior parte dei mieli a uno spettro zuccherino relativamente uniforme. In alcuni casi tuttavia, soprattutto nei mieli di melata e nei mieli uniflorali (derivati principalmente da una sola specie botanica ), quando cioè l’influenza della materia prima è maggiore, si verificano situazioni più o meno differenziate rispetto al tipo base di spettro zuccherino.
1.2. COMPOSIZIONE.
La composizione del miele è notevolmente complessa e, come per gli altri prodotti dell’alveare, probabilmente vi sono sostanze quantitativamente minori non ancora note.
Alcuni gruppi di componenti sono sempre presenti (zuccheri, acqua, sali minerali, acidi organici, enzimi, etc. ), ma le loro proporzioni relative possono subire variazioni anche importanti. Il contenuto complessivo degli zuccheri, ad esempio, è abbastanza costante , ma i singoli zuccheri differiscono frequentemente per la quantità e a volte anche per la loro stessa presenza.
I costituenti fondamentali di un miele sono strettamente legati alla composizione del nettare o della melata da cui esso deriva, cioè alla sua origine botanica e sono inoltre condizionati dagli interventi dell’apicoltore e, nel tempo, dalle modalità di conservazione. Dunque la natura e l’origine stessa del miele non consentono una standardizzazione rigorosa dei suoi valori di composizione e giustificano l’affermazione che non esistono due mieli identici: è tale aspetto senza dubbio che rende questo prodotto il più particolare e suggestivo.
I principali componenti del miele sono i seguenti: zuccheri, acidi organici, acqua, sostanze minerali, enzimi, vitamine, costituenti e sostanze diverse.
1.2.1. ZUCCHERI.
Dal punto di vista quantitativo gli zuccheri costituiscono i principali componenti del miele, rappresentando più del 95% della sostanza secca. Il loro elevato contenuto contribuisce in modo determinante a definire numerose proprietà fisiche e alimentari del miele.
I due zuccheri più importanti sono i monosaccaridi glucosio e fruttosio che insieme costituiscono circa il 90% degli zuccheri totali. In parte essi derivano direttamente dal nettare, in parte si formano in seguito all’azione dell’enzima invertasi, secreto dalle ghiandole ipofaringee dell’ape, che idrolizza il saccarosio contenuto nel nettare o nella melata scindendolo nei suoi due componenti: glucosio e fruttosio. Nella maggior parte dei mieli, tuttavia, i due zuccheri non si trovano in proporzioni uguali, ma il contenuto in fruttosio è leggermente superiore a quello del glucosio (mediamente si indica per il fruttosio un tenore di circa 40% e per il glucosio di circa il 30%); solo in alcuni tipi di miele, in genere quelli primaverili (come il miele di tarassaco o di colza), avviene il contrario.
Si tratta di un dato di grande importanza, poiché il glucosio è relativamente poco solubile in acqua e, di conseguenza, un contenuto elevato di questo zucchero determina una tendenza alla cristallizzazione, mentre una maggiore concentrazione di fruttosio, molto solubile in acqua e igroscopico, conserva il miele allo stato liquido.
Oltre ai due monosaccaridi il miele contiene quantità modeste, o anche solo tracce, di zuccheri superiori (di-, tri-, e polisaccaridi). Fino ad ora ne sono stati identificati più di 20, anche se in genere non sono tutti presenti contemporaneamente nello stesso miele. Per lo più essi non influiscono sulle caratteristiche del prodotto nella stessa misura per il glucosio e fruttosio; la loro identificazione è tuttavia rilevante per conoscere l’origine del miele e i processi che hanno portato alla loro formazione.
La presenza del disaccaride saccarosio è da attribuire al fatto che non tutto il saccarosio presente nel nettare o nella melata viene idrolizzato e una piccola quantità è sempre presente nel miele. Questo zucchero è contenuto mediamente nell’ordine dell’1-3%, ma alcuni mieli, che derivano da un nettare particolarmente ricco in saccarosio o prodotti a partire da un flusso nettarifero molto intenso e breve, possono presentare flussi più elevati.
Altri disaccaridi presenti normalmente nei mieli sono maltosio e isomaltosio.
Alcuni zuccheri, come l’erlosio, non sono presenti nella materia prima, ma sono il risultato di trasformazioni enzimatiche operate dalle secrezioni ghiandolari dell’ape; altri ancora, come il melezitosio, caratteristico di molti mieli di melata, vengono sintetizzati durante il passaggio della linfa nel corpo dell’insetto produttore di melata mediante l’azione di enzimi secreti dall’intestino e dalle ghiandole salivari.
Nel miele, anche dopo l’estrazione, sono ancora presenti enzimi la cui azione influenza la composizione zuccherina che continua pertanto a subire delle modificazioni: si tratta prevalentemente di reazioni che portano alla formazione di di-e trisaccaridi e zuccheri superiori.
1.2.2. ACIDI ORGANICI.
Tutti i mieli presentano una reazione acida, hanno infatti valori di pH compresi tra circa 3,5e 4,5 con una media di 3,9.più bassi in generale nei mieli di nettare più elevati nei mieli di melata (e noto che il valore di pH=7 rappresenta il punto di neutralità).
L’acidità del miele è dovuta alla presenza di numerosi acidi organici, che possono trovarsi in forma libera e in forma legata (i cosiddetti lattoni). L’acido quantitativamente più importante è l’acido Gluconico, che si forma dal glucosio in seguito all’azione di un enzima, la glucosio ossidasi, con liberazione di acqua ossigenata.
Per quanto riguarda l’origine degli altri acidi identificati nel miele, alcuni sono già presenti nel nettare o nella melata, altri si formano durante l’elaborazione del miele, per l’intervento dell’ape. L’acidità totale del miele si esprime in millequivalenti per chilo e può variare notevolmente da un miele ad un altro, lungo una scala di valori compresi tra 10 e 60.
L’acidità del miele contribuisce a determinare la sua stabilità nei confronti dei microrganismi. Gli acidi organici, inoltre, partecipano, con altri gruppi di componenti, a definire l’aroma complessivo di un singolo miele
1.2.3. ACQUA.
Il contenuto in acqua è una delle caratteristiche più importanti del miele, in quanto ne condiziona la conservabilità, contribuendo a definire anche la qualità. E’ legato a numerosi fattori: all’origine botanica, alle condizioni atmosferiche e ambientali precedenti e successive all’estrazione, all’intensità del flusso nettarifero, alla stagione di produzione, alle modalità di intervento dell’apicoltore, alle condizioni di conservazione.
Il valore ottimale può essere definito intorno a 17%, tuttavia nel commercio è possibile trovare mieli con contenuto in acqua da 14 a più di 21%.
Valori molto bassi possono causare difficoltà nei processi di lavorazione, valori elevati di acqua provocano con facilità fenomeni fermentativi.
1.2.4. SOSTANZE MINERALI.
Il contenuto in sostanze minerali, definite anche ceneri in quanto rappresentano il residuo inorganico non volatile del miele dopo calcinazione, è complessivamente basso, anche se può variare notevolmente, nei diversi tipi di miele, da 0,02 a 1% circa.
L’elemento maggiormente rappresentato è il potassio, che costituisce la metà o i ¾ della quantità totale di questa frazione. Sono inoltre presenti Cloro, Zolfo, Calcio, Fosforo, Magnesio, Silicio, Ferro, Manganese, Rame. Altri elementi compaiono allo stato di tracce.
I minerali contenuti nel miele provengono dal terreno in cui vive la pianta: essi vengono assorbiti dalla pianta stessa e, attraverso la linfa, raggiungono il nettare e la melata che l’ape raccoglie. Ricerche specifiche hanno evidenziato una correlazione tra presenza di elementi rari e origine geografica di un miele: si è rivelato che mieli di uguale origine botanica provenienti da diversi territori possono avere un diverso contenuto di elementi rari.
La quantità di sali minerali è in relazione con il colore del miele. Infatti, sebbene il colore dipenda da fattori in parte ancora sconosciuti, generalmente i mieli chiari sono poveri in sostanze minerali, mentre quelli più scuri, in particolare il miele di castagno e i mieli di melata, ne sono più ricchi.
1.2.5. PROTEINE.
Il miele è molto povero in sostanze azotate, ne contiene infatti mediamente 0.2-0.3%. sono rappresentate da aminoacidi liberi e da proteine di diversa origine, in gran parte già presenti nel nettare e nella melata, in parte contenute nei granuli di polline che si trovano nel miele. alcuni aminoacidi provengono anche da secrezioni delle api e si riscontrano pertanto in tutti i mieli: fra questi la prolina, che è anche l’aminoacido libero presente in maggior quantità.
Unica eccezione, per quanto riguarda il contenuto in sostanze azotate, è il miele di calluna, nel quale è presente, in proporzione di 1-2%, una proteina vegetale responsabile dell’insolita viscosità (tixotropia) caratteristica di questo miele.
Una particolare classe di sostanze proteiche che pur essendo presente nel miele in quantità molto ridotte riveste un’importanza particolare, è rappresentata dagli enzimi.